giovedì 25 aprile 2013

SOCRATE

 Quello che oggi conosciamo su Socrate deriva da fonti indirette (tra cui Aristofane, Policrate, Senofonte, Platone e Aristotele) poiché lui riteneva che la ricerca della verità si possa stimolare solo con un discorso vivo, non con la parola scritta. Socrate sosteneva, come i sofisti, l’umanesimo ma respingeva decisamente lo scetticismo, il relativismo, che nega l’esistenza di verità assolute, l’uso del discorso come metodo di persuasione separato dal contenuto, l’assenza di scrupoli morali e l’insegnamento pagato.
 Il punto di forza di Socrate era la sua consapevolezza di non sapere, riteneva che sulla base di questo pensiero si fosse spinti alla ricerca e quindi al superamento della propria opinione personale, alla ricerca della verità che è dentro di noi e alla scoperta della ragione che è comune a tutti cioè il fondamento della verità. Trasmetteva questa consapevolezza tramite l’ironia e la maieutica alla base del suo metodo: in un dialogo Socrate fingeva di non conoscere ponendo la domanda “cos’è?” ; a questo punto il suo interlocutore capiva di non sapere, iniziando la ricerca della soluzione.
 Secondo lui la felicità poteva essere raggiunta attraverso la virtù, infatti credeva che la natura umana fosse razionale perciò l’uomo che agisce in modo razionale agisce secondo la sua natura ed è felice. Invece chi fa del male lo fa per ignoranza, perché ignora il bene di conseguenza nessuno fa del male consapevole che non sia bene.
 Socrate sfidava la mentalità di allora che era fondata sulla bellezza esteriore evidenziando la propria bruttezza e rivolgendo a se stesso la sua ironia.                       Lui infatti affermava che anche con un corpo silenico come il suo (i sileni erano esseri semiferini, seguaci di Dioniso) l’animo poteva essere virtuoso e superiore rispetto alla bellezza del corpo, fu il primo a dare all'animo profondità e importanza.
Egli era convinto di avere una missione divina che consisteva nel risvegliare la città e smascherare tutti quelli che ritenevano il potere, la fama e la bellezza fisica fossero valori. Fu proprio per questo che fu accusato dai suoi avversari politici di empietà e di corromepere i giovani perchè secondo lui la “verità” si poteva trovare solo dentro di sè e non nella cultura degli intellettuali o nelle leggi della democrazia.
Fu processato nel 399 a.C. ma si comportò in maniera del tutto inaspettata quando, smontando le accuse che gli avevano rivolto, ottenne la possibilità di cambiare la sua pena di morte in un esilio: rifiutò perché sapeva di non aver commesso alcuna ingiustizia e che in altre città avrebbe continuato la sua missione e sarebbe stato di nuovo cacciato.
Rifiutò anche l’offerta di un suo discepolo di scappare dicendo che le leggi non vanno mai infrante perché grazie a loro l’uomo esce dall’animalità e diventa davvero un uomo.




PLATONE






Platone fu un allievo di Socrate per meno di dieci anni, tuttavia la sua filosofia risente molto dell'influenza di quest'ultimo. Un esempio è lo spirito di ricerca, in quanto la filosofia non è un punto di arrivo, ma un percorso verso la verità e il bene.
Il filosofo, infatti non è colui che sa, ma colui che ama la sapienza e la ricerca, come Platone che, arrivato quasi al tramonto della sua vita si mette in discussione.
Il modo che lui usa per esprimere la sua filosofia è attraverso il dialogo, per cercare insieme, sottoponendo alla critica della ragione tutti i presupposti, senza accettare qualcosa di non argomentato.

La ricerca sulla virtù:

I "dialoghi socratici" hanno come tema la virtù. Essi sono in genere aporetici, ma presentano già i grandi temi della ricerca platonica.

Platone si avvale del dialogo perché lo ritiene l'unico strumento in grado di riportare l'argomento alla concretezza storica di un dibattito fra persone e di mettere in luce il carattere di ricerca della filosofia, elemento chiave del suo pensiero. Egli vuole inoltre evidenziare col ricorso al dialogo la superiorità del discorso orale rispetto allo scritto. Certo la parola scritta è più precisa e meditata rispetto all'oralità, ma mentre questa permette un immediato scambio di opinioni sul tema in discussione quella scritta interrogata non risponde. Oltre al dialogo, una caratteristica peculiare di Platone nella sua esposizione della dottrina delle idee consiste nella reintroduzione, con la sua opera, del mito, quale forma di conoscenza tradizional-popolare che, cronologicamente, precedeva di molto la nascita della filosofia greca. Quella che in termini storici possiamo chiamare "filosofia platonica" – ovvero il corpus di idee e di testi che definiscono la tradizione storica del pensiero platonico – è sorta dalla riflessione sulla politica.
L'Apologia di Socreate descrive il processo e la difesa di Socrate e approfondisce il tema del rapporto della coscienza con la città e con le leggi.

Nel Protagora si affronta il problema se la virtù sia o meno scienza e quindi se sia o meno insegnabile. La conclusione è che essa, pur essendo conoscenza del bene, e quindi scienza, ma non può essere insegnata.

Il Gorgia critica la retorica come falsa conoscenza e approfondisce il tema della felicità, sostenendo che essa si identifica con la virtù.


Le idee e il rapporto con le cose:

L'uomo possiede idee che non possono derivare dall'esperienza. Essa è infatti molteplice e in divenire, mentre l'dea è unica e immutabile. Non esistono, ad esempio, cose perfettamente uguali, tuttavia noi abbiamo l'idea di uguale, in base alla quale classifichiamo le cose simili.

Lo stesso ragionamento vale per i valori: al di là dei singoli esempi di virtù, possediamo l'dea di coraggio, di giustizia, di temperanza, ecc...

Dato che le idee non possono derivare dall'esperienza, esse devono esistere come realtà oggettive. In questo modo Platone può superare il relativismo sofistico.

Le idee sono trascendenti dalle cose.


Tra le idee e le cose esistono tre differenti rapporti:

-mimesi (imitazione)
-metessi (partecipazione)
-parusia (manifestazione)

La teoria delle ideeconsente di dare una soluzione al problema della molteplicità e del divenire.

La separazione tra il mondo dell'esistente e il mondo trascendente apre però importanti problemiche condurranno Platone a rivedere radicalmente la propria filosofia negli ultimi dialoghi.

Alcuni tra i miti più conosciuti di Platone sono il mito del carro e dell'auriga (o della biga alata) e quello della caverna, da cui si è ispirato il film Matrix e che presenta numerose analogie con il film The Truman Show.











Il mito della biga alata tratta dal Fedro di Platone, serve a spiegare la teoria platonica della reminescenza dell'anima, e della metempsicosi: la prima è un fenomeno che durante la reincarnazione produce ricordi legati alla vita precedente, la seconda è la teoria che l'anima passi da un corpo all'altro tramite reincarnazioni. Racconta di un'ipotetica biga su cui si trova un auriga, personificazione della parte razionale o intellettiva dell'anima. La biga è trainata da una coppia di cavalli, uno bianco e uno nero: quello bianco raffigura la parte dell'anima dotata di sentimenti di carattere spirituale, e si dirige verso l'Iperuranio; quello nero raffigura la parte dell'anima concupiscibile e si dirige verso il mondo sensibile. I due cavalli sono tenuti per le briglie dall'auriga che, come detto, rappresenta la ragione: questa non si muove in modo autonomo ma ha solo il compito di guidare. La biga deve essere diretta verso l'Iperuranio, un luogo metafisico a forma di anfiteatro dove risiedono le "Idee".
Lo scopo dell'anima, infatti, è contemplare il più possibile l'Iperuranio e assorbirne la sapienza delle idee. L'auriga quindi deve riuscire a guidare i cavalli nella stessa direzione, verso l'alto, tenendo a bada quello nero e spronando quello bianco, in modo da evitare o ritardare il più possibile il "precipitare" nella reincarnazione. Chi è precipitato subito rinascerà come una persona ignorante o comunque lontana dalla saggezza filosofica, mentre coloro che sono riusciti a contemplare l'Iperuranio per un tempo più lungo rinasceranno come saggi e come filosofi. Questo mito spiega la reminiscenza ed è riconducibile all'immortalità dell'anima.




ARISTOTELE




Aristotele  è stato un filosofo e scienziato greco antico, noto come il "filosofo dell'immanenza".
Discepolo di Platone, è considerato una delle menti filosofiche più innovative, prolifiche e influenti del mondo antico occidentale per la vastità dei suoi campi di conoscenza; fu stimato per secoli come l'emblema dell'uomo sapiente e come precursore di scoperte.




La grande fama di Aristotele si deve ad alcune sue invenzioni quali:
- lessico filosofico di base
- logica
-paradigma scientifico
-modello cosmologia

Le opere di Aristotele si suddividono in due categorie: essoteriche(per tutti) ed esoteriche(per il liceo).

A loro volta le opere possono essere suddivise in:
-opere di logica
-opere di fisica
-14 libri della metafisica
-scritti di etica, politica, retorica

Logica: è studio del pensiero attraverso l'analisi del linguaggio che conduce all'individuazione dell'organiozzazione dei ragionamenti.

Le categorie indicano il modo di essere e le strutture mentali mediante cui pensiamo l'esistente, possono anche essere definite generi massimi, poiché permettono la completa classificazione degli enti.

Le proposizioni dichiarative vengono definite guidizi: di qualità(affermativi o negativi) o di quantità(particolari o universali).

La particolare combinazione di tre giudizi, in modo che dai primi due( le premesse) si possa ricavare il terzo è detto sillogismo. Esso consegue necessariamente dalle premesse.
Il sillogismo collega un' intuizione con una deduzione per arrivare ad una conclusione.

La filosofia prima:

Il termine indica la disciplina della metafisica, nella quale Aristotele si occupava di ragionare sulla parte più immanente dell'essere. Oggi questo tipo di ricerca è detta ontologica.

 Con la metafisica egli studia l'essere in quanto tale, fatto di una sostanza, l'unione tra materia e forma, che da vita ad un sinolo.
Un sinolo è cio che in un essere non muta mai, la sua essenza.

Altro aspetto dell'essere studiato da Aristotele è il divenire:
Esso è costituito da potenza e atto, la potenza è uno stato in cui si trova un qualcosa che racchiude in sé la possibilità di mutare, come un seme, che, avendo la possibilità di diventare un albero si può definire come un albero in potenza. L'albero è invece già atto, perché è il prodotto finale del seme.
Bisogna ricordare però che tutto ciò che è in potenza ha bisogno di qualcosa che sia già in atto per attuare il suo processo di metamorfosi, ad esempio un uovo di struzzo deve prima essere fecondato da uno struzzo già in atto (attuale) per diventare struzzo a sua volta.
Una considerazione teologica di Aristotele vede nella divinità l'assenza di forma e materia, ma la grande concentrazione di atto e potenza puri.